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The Storm. Una mostra fotografica di Ugo Lucio Borga

mostra BORGA_inaugurazione

Da lunedì 15 ottobre 2018  a giovedì 8 novembre 2018 il Polo del ‘900 ospiterà The Storm. Una mostra fotografica di Ugo Lucio Borga a cura del Polo del ‘900, Paola Meliga Gallery e Six Degrees.

La mostra, inserita tra le attività del progetto integrato Reportage di Guerra: dalla Grande Guerra ai giorni nostri, coordinato della Fondazione Vera Nocentini e sostenuto dal Comitato per i Dritti Umani del Consiglio Regionale del Piemonte, sarà visitabile presso la Galleria delle immagini (corso Valdocco 4/a) secondo il seguente orario: da martedì a domenica dalle 10.00 alle 18.00, giovedì dalle 14.00 alle 22.00, lunedì chiuso.

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“La guerra pone gli uomini di fronte a contraddizioni insuperabili: pensieri e parole, per quanto attraenti, non possono opporre alcuna forza alla violenza. Quando si scatena, è lei a dettare le regole del gioco: travolge tutto e tutti. Ma per quanto la guerra sia fatta di brutture, evidenza della follia del genere umano, della sua insuperabile tendenza autodistruttiva, è necessario distinguere, almeno su un piano morale, tra coloro che si battono per liberarsi dal giogo della tirannia e quelli che ne difendono i privilegi, la connaturata prevaricazione.

Gli uomini e le donne che ho incontrato nel corso di tanti reportage, nella maggior parte dei casi, ignoravano il potere che stavano effettivamente servendo e credevano sinceramente di uccidere e morire per una causa giusta e necessaria. A volte lo era davvero, o almeno questa è la mia opinione, e solo l’intromissione di agenti esogeni, perlopiù economici, interessati a trarre il massimo profitto dal caos, dalla destrutturazione provocata dal conflitto armato, ha reso il loro coraggio e il loro sacrificio del tutto inutile.

Nello stesso modo è necessario riflettere sulla natura del fotogiornalismo di guerra che, in virtù della vicinanza, del coinvolgimento implicito ch’esso richiede, delle azioni ch’esso impone, non può prescindere da un’idea politica dell’esistenza, per quanto personale, dell’autore.

Fotografare la guerra, fotografare gli esseri umani dolenti che ne sono travolti, prevede un’intromissione, una frattura dei codici comportamentali che gli esseri umani istintivamente applicano di fronte al dolore dei loro simili. A differenza della testimonianza scritta, la cui azione può essere posteriore, la fotografia di guerra si realizza nell’attimo stesso in cui uomini, donne, bambini, uccidono, soffrono, urlano, muoiono.

Di più, il linguaggio fotografico ci costringe alla disperata ricerca di un odine nel caos, di una simmetria nel sangue, di una diagonale nella disperazione. Non per vezzo, s’intende: solo le immagini potenti possono ambire a rompere il muro di indifferenza che rappresenta il vero nemico da abbattere per un fotogiornalista. Ma proprio per questo, in assenza di un’idea politica, di un fine umanitario, la fotografia di guerra non sarebbe altro che un atto osceno: non testimonianza, ma inaccettabile, cinica estetica dell’orrore.

Ho spesso immaginato d’essere dall’altra parte dell’obiettivo: ferito, terrorizzato. E di scorgere, nella disperazione, un alter ego impegnato a girarmi intorno con la macchina fotografica incollata agli occhi, concentrato sulla luce, sulla composizione, sulla forza dell’immagine che sta scattando. Perché questo facciamo. E questo implica un’accettazione, una capacità di comprensione molto profonda del nostro scopo da parte delle persone che inquadriamo nei nostri obiettivi. Nella tempesta un ramo spezzato a cui aggrapparsi è pur qualcosa. Ecco. Forse questo, sono, i fotogiornalisti alla guerra. Un ramo spezzato, un’ultima carta, a volte l’unica, da giocarsi perché la tempesta cessi di ingoiare delle vite.”

Ugo Lucio Borga

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