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Krzysztof Miller. Anno 1989

La mostra Krzysztof Miller. Anno 1989 arriva al Polo del ‘900 ad un anno di distanza dall’esposizione originaria, dalla “Casa di Storia” di Varsavia, grazie ai diritti della storica agenzia giornalistica Gazeta Wyborcza. Inserita tra le attività del progetto integrato Berlino 89. Muri di ieri, muri di oggi coordinato dall’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini, è curata da Tiziana Bonomo, con il sostegno del Consolato Generale della Repubblica di Polonia in Milano, in collaborazione con Fondazione Vera Nocentini, ArtPhotò, Casa di Storia di Varsavia, Agenzia Gazeta.

Inaugurazione martedì 17 settembre, ore 18.00. Sarà visitabile da mercoledì 18 settembre a martedì 1 ottobre 2019 da lunedì a sabato dalle 9.00 alle 21.00; domenica dalle 9.00 alle 20.00 (via del Carmine 14, ingresso gratuito).

Krzysztof Miller, fotoreporter polacco, è nato Varsavia a nel 1962 dove ha vissuto e studiato presso l’Università di Educazione fisica a Varsavia. Ha fotografato i negoziati della Tavola Rotonda nel 1989 e da quell’anno diventa fotoreporter di “Gazeta Wyborcza”. È stato autore di diversi fotoreportage dalla Rivoluzione di velluto cecoslovacca, alla rivoluzione in Romania, alle guerre nel mondo (inclusa la Bosnia e la Georgia ) e a una serie dal titolo Zaire. Per diversi anni ha lottato con il disturbo da stress post-traumatico. Si è suicidato il 9 settembre 2016. Suo il libro intitolato 13 Guerre più una. La vera storia di un corrispondente di guerra. Principali servizi fotografici dal 1989 al 2008: Cecoslovacchia, Romania, Balcani,  Georgia, sul Nagorno Karabakh, Bosnia, Croazia, Tajikistan, Afghanistan, Cambogia, Turchia, Kurdistan, Albania, Cecenia, Ruanda, Burundi, Zaire, Kosovo, Cecenia, Kongo, Iraq, Uganda, Sudan del sud.

In Europa nel 1989 cadono i regimi autoritari dell’Est, cade il muro di Berlino, si assiste allo smantellamento della cortina di ferro. Rinasce la democrazia. L’anno 1989 porta libertà e speranza. È questa la storia raccontata attraverso le fotografie di Krzysztof Miller, allora all’inizio della sua carriera.

Un anno di svolta, un crocevia della Storia e della vita di un uomo, Krzysztof Miller. Da dilettante, che per sbarcare il lunario e sostenere la sua attività da sportivo, aveva iniziato fotografando le
dimostrazioni di NZS (Independent Students‘Union), divenne in poco tempo un fotoreporter professionista di uno dei più importanti quotidiani liberi: Gazeta Wyborcza.

La mostra è composta da un’ottantina di fotografie che presentano in modo completo ed esclusivo gli eventi del 1989, da gennaio, con i primi incontri della Tavola Rotonda polacca, attraverso giugno e le libere elezioni in Polonia, fino ai cambiamenti in altri paesi del blocco orientale, Cecoslovacchia, Romania e Ungheria: vita quotidiana, ma anche proteste, scioperi, manifestazioni e avvenimenti artistici che segnarono quei mesi in un’improvvisa esaltante accelerazione del tempo storico e privato.

Protagonisti gli abitanti di Varsavia, i frequentatori abituali del Festival di Jarocin, e i partecipanti all’evento di Orange Alternative (un movimento di protesta anti-sovietico che ha contribuito a far cadere il regime oppressivo comunista polacco). Si possono leggere le emozioni, il coraggio, la determinazione, la speranza, non solo sui volti delle persone che protestano, ma anche negli slogan scritti sugli striscioni.

Miller ha viaggiato quell’anno con la sua macchina fotografica anche negli altri paesi dell’Europa centrale e orientale. Era a Praga durante la Rivoluzione di Velluto. Ha documentato la riconquista dell’indipendenza in Ungheria. Ha scattato immagini nelle strade di Bucarest, quando tra sangue e violenze precipitava il regime dei Ceauşescu. Accanto ad esse alcune immagini di Anna Biała, una collega reporter, che ha ripreso la caduta del Muro di Berlino.

Le fotografie presentate forniscono una immagine vorticosa e bruciante della realtà di quel tempo, ma mostrano anche il ritratto di un fotoreporter che sviluppa il suo talento e diventa un grande e riconosciuto professionista. Un professionista pianto e rimpianto per la sua determinata volontà di testimoniare, di far vivere attraverso le fotografie il tormento e la lotta dell’uomo e che con il passare del tempo si sarebbe arreso uccidendosi all’urto della violenza, all’usura del troppo dolore.

 

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